martedì 28 aprile 2015

Sapete da Sabato 27 settembre se ne sono dette molte di cose sul nuovo Dylan Dog targato Recchioni… in realtà se ne sono “lette” molte di più pure prima di questa fatidica data ma facciamo finta, solo per questa volta, che l’uscita del n° 337 sia il punto zero ideale per fare un discorso a bocce ferme Ok? Oltraggiati “custodi della vecchia guardia” di casa Bonelli sbattendo dietro di loro una porta che forse non verrà mai più riaperta, altri, seppur intenzionati a metterlo in libreria per dover di continuità numerica animati dal proposito di non aprirlo mai (come fosse un moderno vaso di Pandora), hanno infine ceduto alla pressione dell’hype generato nei mesi passati aprendolo, sfogliandolo e perfino leggendolo per poi decretare che temevano di peggio. Insomma se vi prendete la briga di girare sul web potete trovare di certo una scuola di pensiero vicina al vostro cuore e al modo in cui eravate soliti intendere ed interpretare Dylan Dog. Questa dicotomica divisione di opinione e la doverosa lettura dell’albo in questione mi hanno però portato ad un’analisi introspettiva che ha completamente scosso le fondamenta della mia realtà di lettore facendomi porre una domanda ed un’altrettanto scontata risposta: “E’ Dylan Dog che si deve svecchiare o sono io che SONO troppo vecchio per questo fumetto???”


Superfluo dire che il mio “tredicenne interiore “ che sta ancora seduto sul balcone di casa a leggere “i Conigli Rosa uccidono” attendendo l’uscita dell’agenda scolastica dell’indagatore dell’incubo si dimena ancora nel mio petto cercando di impedirmi di scrivere questa recensione che, purtroppo per lui, a più a che fare con la crescita e all’affinarsi del gusto personale che al gratuito attacco e alla non plausibile incompetenza di uno sceneggiatore scelto proprio per la sua capacità di incarnare i desideri di lettori come il sottoscritto.

Puntare il dito contro Roberto Recchioni sa più dello “scatto d’ira” del nostro eterno Peter Pan che, tradito dal tempo che scorre e vedendo le prime zampe di gallina profilarsi intorno agli occhi, decide che se crescere è inaccettabile … ancora più inaccettabile e vedere un’icona del suo passato (quello senza le tasse, i datori di lavoro incompetenti le ,responsabilità) evolversi , mutare ed uscire da quella tranquilla rassicurante routine capace di farlo perdere, anche se per poco, in un tempo in cui le cose forse andavano davvero meglio.

hanno salutato con sdegno il coraggioso tentativo


Lo confesso anni fa anche io ho perso Dylan… scoraggiato dalla banalità delle sue storie e infastidito da un design che lo aveva reso deforme ai miei occhi l’ho abbandonato, ma come per quegli amici che non si vedono da parecchio tempo e con cui si beve sempre volentieri qualcosa per ricordare i bei tempi andati, così anche con Dylan non sono MAI mancato alle sue tappe importanti: dal breve e straziante matrimonio con Lillie Connolly, alla celebrativa “boutade” dei primi Color Fest passando per i notturni sceneggiati radiofonici di Radio 2 ai videogame arcade dalla difficile soluzione, ho sempre gettato lo sguardo a quell’old Boy” presentatomi un giorno da un vicino di casa più grande. (Grazie Giuseppe)

Ho seguito la nascita della “fase due” ed ho con pazienza atteso l’ora zero, il rilancio, il giro di boa … ed oggi sfogliate le ultime 9 pagine del tanto atteso albo non mi sento di condannare ne lodare troppo il primo step del nuovo corso… dinamico certo, secco e senza troppi fronzoli nei dialoghi come piace a Roberto perché no… forse un po’ troppo sbrigativo in chiusura si quello forse Sì … ma in definitiva forse il problema rimango io, in questa formula per l’adattamento ai nostri tempi di un personaggio vecchio stampo intrappolato nei suoi troppi cliché, pur apprezzando la scelta di tagliare con il passato ripartendo dallo spazio profondo, disseminando l’albo di quegli stessi rimandi e citazioni che resero accattivante e celebre Jonh Doe, non posso che riassumere il mio giudizio su questo “primo albo” con l’onomatopeica “E a sforzo” di Marta Olivia Zoboli che di certo non si può considerare un pollice verso ma altresì ci lascia in trepidante attesa di quelle Buone storie di cui abbiamo sentito parlare durante la conferenza stampa.

Interno giorno Bar

-Hey Enrico allora, come è il nuovo Dylan?!”

-“Eeeeeee...”

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  Si dice che “ la bellezza stia negli occhi di chi guarda ” e così non stupisce che “ Thor Love & Thunder ” (titolo che prende più sign...