lunedì 7 ottobre 2019



Saranno state al massimo 3 righe, quelle “accennate” in un’intervista a Vanity Fair da Luca Barbareschi (produttore) in merito a Thanks for Vaselina, ma tante ne sono bastate a metterci LA PULCE NELL’ORECCHIO e a farci pensare che, se il pluripremiato spettacolo teatrale approdava al cinema forse valeva la pena rivederlo in questa sua nuova veste.

Ed infatti l’esordio dietro al macchia da presa di Gabriele Di Luca (già ideatore della piece teatrale nonché interprete sul palco) fa ben sperare. Pur essendo infatti datato 2013 , il testo non sembra risentire del passare del tempo riuscendo ad affrontare con freschezza, disincanto e “super-filosofie”, tematiche contemporanee, scomode e complesse che, grazie ad un cast prestato quasi interamente dal teatro al grande schermo, riescono ad essere portate all’attenzione del grande pubblico in una chiave narrativa che alterna una serrata crudezza esistenziale (fatta di degrado urbano ed umano) ad una volontà naif di affrontare i torti e le storture della vita con uno humor che più che al nero sembra tendere al grigio.

Ad impreziosire il testo di Di Luca e le performaces del cast c’è poi uno strabiliante Luca Zingaretti che regala al pubblico un personaggio così intenso e sfaccettato da rendere difficile capire se sia più semplice amarlo o odiarlo (forse uno dei complimenti più belli che si possano fare ad un attore)

Laddove Thanks for vaselina forzava, grazie ad ottimi interpreti e una buona narrazione, i limiti fisici stressi del palcoscenico teatrale, ecco che il mezzo cinematografico, fatto di set, lunghezze focali e movimenti di macchina, da a questi artisti una nuova freccia la loro arco, non solo espandendo il loro universo, trasformando la semplice narrazione in nuovi ambienti, interpreti e comprimari solo abbozzati verbalmente nello spettacolo originale, ma anche arricchendo quegli stessi personaggi di sfumature bellissime, una su tutte l’agoraphobia di Fil (Antonio Folletto) che lo rende virtualmente un galeotto nella sua stessa casa dove, la chiave per evadere non sta nè nell’amore per Isabelle e nemmeno nel coronamento del “sogno imprenditoriale” condiviso con Charlie ma bensì nella capacità di reagire alle storture di una famiglia disfunzionale che, tra vizio e gioco d’azzardo compulsivo lo ha reso incapace di vivere nel mondo esterno.

Già noto al pubblico di sala per i dialoghi taglienti al limite del crudele, questa trasposizione filmica si arricchisce di alcuni personaggi così grotteschi (la prozia e “George” ne sono un ottimo esempio) così caricaturali e a tratti divertenti da sembrare una naturale quanto inespressa parte dello spettacolo originale quasi, come dicevamo, se la scena non potesse ospitare tutto il mondo dietro a questa storia.

Qualche giorno fa Luca Zingaretti ironizzava facendo Hype dai Instagram sul fatto che, un film così “scomodo”, doveva essere visto prima di sparire dalla circolazione quindi, seppur certi che nessuno degli elementi coinvolti in questa produzione sia destinato a sparire tanto facilmente, vi consigliamo di vedere al più presto sia lo spettacolo che la pellicola per capire come a volte “il salto” da un media ad un altro possa essere un’occasione per arricchire un prodotto che forse, grazie alla celluloide (si fa per dire) ha raggiunto ora il suo massimo potenziale narrativo.

venerdì 4 ottobre 2019

Non tutte le ciambelle riescono con il BUCO... nemmeno a Hollywood negli anni 60

 "Intrappolati alla poltrona" è proprio il caso di dirlo. Alla disperata ricerca di un guizzo... una scintilla che ci faccia esaltare per l'ultima fatica di Tarantino... ma niente, nel corso delle 2 ore e 40 di film nulla riesce a catturare la nostra attenzione, nemmeno la curatissima ricostruzione storica o i tecnicismi ed i movimenti di camera che, per quanto belli, incontrano probabilmente il gusto solo di chi, più che spettatore è come noi addetto ai lavori. Tre attori persi su binari narrativi incompleti più che morti...un ottimo DiCaprio che da attore interpreta un attore che interpreta dei ruoli sfumando il suo personaggio con piccole balbuzie ed insicurezze talmente credibili sullo schermo da farci dimenticare che Lui è la star ambientalista della nostra realtà e non il povero Rick Dalton. Brad Pitt? come sempre un bel colpo d'occhio che come il vino invecchiando migliora...alla "vista" ma interpretativamente stereotipa il suo personaggio rendendolo troppo simile a qualcosa di già visto in passato un "Tyler Durden pase". E Margot Robbie? sarebbe facile "graziarla" da un impietoso giudizio, riportando alla mente la carrellata sul suo corpo avvolto nelle lenzuola bianche, ma questo "dovrebbe essere un film" fatto di ruoli e recitazione e quindi, a meno che voi non siate dei feticisti dei piedi, il lavoro introspettivo della bella Australiana per interpretare la Tate risulta quasi inesistente. Certo sul finale qualche spettatore ha forzatamente riso a battute deboli e ad un repentina impennata di violenza quasi a sottolineare che" Quentin c'era riuscito anche questa volta" ma la realtà che "C'era una Volta ad Hollywood" è un film vuoto senza capo ne coda il cui miglior effetto sul pubblico è quello di farlo affezionare ancora di più ai vecchi successi del Regista di Knoxville che forse dovrebbe davvero ritirarsi dalle scene. 

CONCLUDENDO, Se pensate che Tarantino non abbia MAI sbagliato un colpo in vita sua allora rimarrete soddisfatti (come sempre), ma se come noi siete certi che anche nella sua filmografia ci sia qualche neo allora TENETE I SOLDI PER QUALCOSA DI BELLO (noi vi abbiamo avvertiti) perché questa pellicola vi farà di certo rimpiangere i fasti di altri cult di genere sperimentati in passato con successo dal regista rivelazione degli anni 90

Thor Love & Thunder? "sotto il vestito niente"... di così stupido come credevate! vi spiego perché

  Si dice che “ la bellezza stia negli occhi di chi guarda ” e così non stupisce che “ Thor Love & Thunder ” (titolo che prende più sign...